Territorio e Storia

Superficie: Kmq 26,31
Altitudine: m 630 (capoluogo)
Altezza minima: 594 m
Altezza massima: 2.213 m
Distanza da Torino: km 54
Densità: 151,5 abitanti 

 

Perosa, incastonata nella splendida cornice delle Alpi Cozie, sorge là dove il torrente Chisone accoglie le acque del Germanasca, nel tratto medio di una valle che si snoda, a parabola, per una cinquantina di chilometri da Pinerolo al colle di Sestriere.

E’ annunciata da lontano dalla sagoma, semplice e vigorosa, della chiesa di S. Genesio e del suo campanile, che s’ergono su una collina morenica formata dalle grandi glaciazioni dell’era quaternaria.

Si tratta del “sito scosceso che domina sui dintorni e sembra un posto militare di osservazione”, a cui fa riferimento Arnaldo Pittavano; è la rocca sulla quale intorno al Mille sorse un borgo fortificato, centro storico e quartiere tuttora palpitante di vita di un nucleo abitato che si è andato via via espandendo col passare dei secoli.

Di Perosa si fa cenno per la prima volta in un documento dell’8 settembre 1064, con il quale la contessa Adelaide, vedova di Oddone di Savoia, concedeva all’abbazia benedettina di S. Maria di Pinerolo, da lei fondata, tutti i diritti di sovranità feudale e di proprietà fondiaria sugli uomini e sulle cose delle valli di Perosa e di S. Martino. Per quel che ci riguarda, il riferimento è a Petrosa,  ad indicare la natura del paesaggio di montagna, e Podium Odonis, dal nome del marito di Adelaide, a designare il colle di Perosa Alta.

Quanto detto spiega, tra l’altro, esaurientemente i motivi per i quali l’antichissimo stemma perosino reca tre pietre in campo nero, con il motto Dant fructus lapides (le pietre danno frutti).

Il piccolo villaggio era guardato da un castello e nel bel mezzo, già allora intitolata a S. Genesio, vi sorgeva la chiesa, retta da un benedettino dell’abbazia di Pinerolo.

Alla morte di Adelaide, scoppiarono dissidi tra grandi feudatari, abbazie e monasteri della regione subalpina. Ne approfittò Tommaso I di Savoia per rientrare in possesso degli antichi dominii della famiglia, compresa Pinerolo di cui fu acclamato signore. Il popolo, da parte sua, rivendicava le prime libertà comunali e prendevano consistenza forme di dissidenza religiosa e di protesta ereticale.

 Alla fine del XIII secolo la presenza valdese nelle nostre valli doveva costituire un fatto tutt’altro che trascurabile, se nel 1297 si decise di inviare a Perosa un inquisitore. Minacce, multe, confische di beni, torture non diedero tuttavia i risultati sperati; tanto che, novant’anni dopo, nel 1387, l’inquisitore Antonio di Settimo lamentava che molti abitanti del luogo non solo aderivano all’eresia ma addirittura la diffondevano nelle valli vicine.

In questo periodo (1301-1418) i principi d’Acaja, ramo cadetto dei Savoia, con le armi e con i matrimoni estesero il loro dominio su quasi tutto il Piemonte, facendo di Pinerolo la capitale del loro Stato.

Perosa aveva ottenuto nel corso del XII secolo di organizzarsi in comune rurale sotto la sovranità dell’abate di S. Maria. Gli Acaja confermarono gli statuti e le antiche consuetudini, e nel 1420 Amedeo VIII, primo duca di Savoia, aumentò considerevolmente tali franchigie e privilegi.

Ma, tormentata terra di confine, oggetto di continua contesa fra Delfini e Savoia fin dalla morte di Adelaide, la valle subirà soprattutto nel corso del XVI, XVII e XVIII secolo le tragiche conseguenze della rivalità franco-sabauda e le popolazioni del luogo pagheranno a carissimo prezzo, in migliaia di vite umane, falcidiate da guerre, pestilenze e miseria, le ciniche scelte della politica internazionale.

Andirivieni di eserciti, alternanza di divise e di signori; trentotto anni di dominazione francese ad opera di Francesco I e trionfale ingresso a Pinerolo di Emanuele Filiberto, il 1° gennaio 1575; l’insediamento in valle delle missioni cappuccine, allo scopo di porre un argine al diffondersi della religione riformata, con il seguito delle persecuzioni di Carlo Emanuele I nei confronti della popolazione valdese, relegata sulle terre alla destra del Chisone e costretta, in parte, all’emigrazione in paesi lontani (con la conseguente nascita in Germania del villaggio di Perouse, nel comune di Rutesheim): questo il drammatico quadro della complessa situazione che segna questa contrada tra il XVI e il XVII secolo.

Nel corso di tanto tumultuose vicende, Perosa venne assediata per ben due volte dalle truppe francesi: nel 1592 dal Lesdiguières, sceso in valle per rintuzzare gli ambiziosi tentativi sabaudi di occupazione della val Pragelato (appartenente alla Francia fino al Bec Dauphin, quale eredità dei Delfini), e nel 1630 dal cardinale di Richelieu in persona, deciso ad impadronirsi del Monferrato e a contrastare le pretese dinastiche di Carlo Emanuele I su quelle terre.

Son altri settant’anni circa di dominazione francese, la seconda, durante la quale la valle ebbe modo di accogliere nuovi illustri ospiti: il Vauban, architetto di Luigi XIV, che fece di Pinerolo una delle più potenti piazzeforti d’Italia; D’Artagnan, il famoso moschettiere, che scortò alla cittadella di Pinerolo il sovrintendente alle finanze del Re Sole, Nicola Fouquet, accusato di malversazione e ribellione; la famosa quanto misteriosa Maschera di ferro; il Catinat…

A questo proposito va ricordato che nel 1665, necessitando la fortezza di Pinerolo di urgenti riparazioni, il Fouquet fu trasferito per un intero anno al forte di Perosa (edificato dai Savoia nel 1628 sulla spianata di Ciampiano).

Oggetto di particolarissima attenzione in pace e in guerra per la loro posizione strategica, le fortificazioni perosine furono inevitabilmente segnate da alterna fortuna.

Se di esse, oggi, non rimangono che pochi resti, ciò non va addebitato, una volta tanto, alla trascuratezza degli uomini. Borgo fortificato fin dal tempo degli abati, successivamente ampliato dagli Acaja e munito di “buone e alte mura” dai duchi sabaudi, piazzaforte di rilievo durante la seconda dominazione francese, nel 1696 Perosa fu restituita ai Savoia, ma alla condizione che ne venisse completamente demolita la cittadella.

La stessa sorte era toccata nel 1601 al forte di S. Giovanni, geniale opera di Ascanio Vittozzi, fatto costruire appena quattro anni prima sul roccione di Bec Dauphin, l’antico confine tra Delfini e Savoia (il restante rudere faceva parte di una ridotta francese del 1631).

Tornata ai Savoia, Perosa fu mantenuta come luogo munito fino all’occupazione napoleonica del 1796 (terza dominazione francese) e successivamente, con la Restaurazione, divenne parte del Regno di Sardegna, seguendone le sorti fino all’Unità d’Italia.

Un anno dopo la proclamazione del regno d’Italia, l’11 novembre 1862, il consiglio comunale all’antico nome del luogo aggiunse l’appellativo di Argentina, forse in ricordo delle miniere  d’argento sfruttate in valle nell’epoca medievale.

 

 

 

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